Coronavirus: il punto del presidente Munarini
"Interroghiamoci con forza su cosa sia il meglio per le diverse realtà sportive"
Come spesso è già accaduto, ancora una volta il mondo sportivo è chiamato a dare risposte, rispetto alla collettività, di esempio, maturità e consapevolezza; nonché di assunzione di responsabilità. Questo almeno il messaggio che passa in seguito alla pubblicazione del Decreto del Presidente della Regione Bonaccini, che conferma e rende ufficiale la Circolare Applicativa all’Ordinanza emanata domenica dal Ministro della Salute e dal Presidente stesso.
Il decreto prevede, tra le tante cose, il divieto fino al 1 marzo (prorogabile)di ogni forma di eventi, manifestazioni e riunioni anche se svolti in luoghi pubblici aperti al pubblico. Quindi NO a gare con presenza di pubblico; invece SI’ a gare senza presenza di pubblico ("a porte chiuse"), ad attività corsistiche ed allenamenti (anche collettivi) purché non prevedano la concentrazione di pubblico o eccezionali concentrazioni di persone. Potranno rimanere aperti i luoghi di svolgimento dell'attività corsistica e gli impianti sportivi (centri sportivi, palestre pubbliche e private, piscine pubbliche e private, campi da gioco, ecc.)
La domanda sorge spontanea; perché alcune cose sì e altre no?
La misura è stata presa in forma preventiva, poiché si vuole scongiurare la formazione di focolai importanti (vedi Lombardia) anche nella nostra Regione; non essendo, però, la Regione Emilia Romagna “zona rossa” non si è voluto chiudere tutte le attività, bloccando di fatto la vita economica della Regione.
Nel nostro variegato mondo (quello sportivo) vi sono tantissime realtà, e tutte con le proprie peculiarità; società sportive che vivono di volontariato e fanno attività di base e amatoriale, società che hanno un’attività di base e un’attività professionistica e società che gestiscono impianti e sono delle vere aziende e che “vivono” di questo.
Proprio per la variegata peculiarità di questo mondo si è deciso di attuare questa forma di “blocco parziale”. Possiamo esprimerci sul fatto che sia giusto o meno, ma il punto non è questo.
Possiamo invece interrogarci su cosa fare, su cosa è meglio per noi, per le nostre realtà e per tutta la nostra comunità: per parafrasare la lettera inviata in questi giorni da S.E. Massimo Camisasca, le nostre abitudini legate alla tecnologia ci hanno dato la sensazione di essere padroni del mondo, ma, a fronte di questa vicenda, ci riscopriamo piccoli e fragili. Troviamo, allora, la risposta alle nostre domande nella forza dell’amore, verso noi stessi, verso il prossimo e verso le cose che facciamo: faccio o non faccio attività?
Essere responsabili, alle volte, vuol dire fare delle rinunce, senza colpevolizzare chi, per motivi legati alla sua attività, non può seguirci.
In questa situazione abbiamo la possibilità di decidere se fermare la nostra attività, riprenderla parzialmente o totalmente. Sicuramente ognuno di voi farà una scelta ponderata e consapevole, per il bene della propria realtà e per il bene comune. Chi può, a mio avviso, fa bene a fermarsi, anche parzialmente: consideriamo che fermare solo il settore scolastico, dei bambini, può essere una scelta importante. Non perché i bambini sono meno importanti, ma perché l’attività con i più piccoli prevede, inevitabilmente, la possibilità che vi sia una concentrazione di persone molto più elevata rispetto ad un’attività rivolta a giovani o ad adulti.
Come Centro Sportivo ci atteniamo alle disposizioni di legge: abbiamo sospeso tutte le attività sportive legate a gare, manifestazioni ed eventi e tutte le iniziative formative e associative laddove sia prevista una concentrazione elevata di persone.